Il Disturbo da Deficit di Attenzione e Iperattività (ADHD) è una condizione non sempre facile da individuare, in quanto i suoi sintomi possono essere confusi con caratteristiche della personalità. Si parla di ADHD soprattutto in relazione a bambini definiti “problematici”, che mettono alla prova genitori e insegnanti con comportamenti che faticano a conformarsi alle regole di ambienti strutturati come quello scolastico. Cosa succede quando questi bambini crescono?
Alcuni sintomi dell’ADHD negli adulti
Evidenze cliniche e scientifiche dimostrano che negli adolescenti e negli adulti con ADHD, i sintomi potrebbero peggiorare ed è anche possibile che insorgano disturbi concomitanti, come il disturbo oppositivo-provocatorio, disturbi della condotta e problemi legati alla sfera ansioso-depressiva.
Inoltre, alcuni sintomi possono rivelarsi debilitanti per l’individuo. Ecco qualche esempio:
- Il “waiting mode”
Questa espressione descrive come risponde il sistema nervoso degli adulti con ADHD alla difficoltà nel gestire tempo e priorità, che va oltre la semplice procrastinazione. Si tratta di una “paralisi operativa” solitamente scatenata da un evento programmato (un appuntamento, una scadenza…) che può bloccare l’intera giornata. Questo accade perché gli adulti con ADHD tendono a concentrarsi su una sola attività, trascurando tutto il resto per paura di confondersi e perdere la concentrazione. Fra le strategie utili vi sono: suddividere le attività in micro-obiettivi e utilizzare un timer. - La disregolazione emotiva
Questo è uno degli aspetti meno noti, ma tra i più significativi. Gli adulti con ADHD spesso faticano a gestire le emozioni, specialmente se sono in un periodo di stress: non si tratta semplicemente di “perdere il controllo”, ma di vivere le emozioni con un’intensità che per l’individuo può risultare travolgente, sia in positivo, sia in negativo. Questo, purtroppo, può essere causa di incomprensioni con gli altri, soprattutto in età adulta, quando ci si aspetta stabilità emotiva. - La solitudine
Per chi soffre di ADHD, si tratta di una sensazione complessa sia da vivere, sia da spiegare, che deriva spesso dalla difficoltà di sentirsi compresi o accettati. Questo isolamento emotivo viene amplificato dalla necessità di doversi adattare e/o dal timore del giudizio. Mascherare le proprie difficoltà per evitare critiche, inoltre, può intensificare il senso di distacco e instaurare, dunque, un circolo vizioso.
Adolescenza e trattamenti psico-socio-educativi
Durante l’adolescenza, i giovani adulti con ADHD affrontano cambiamenti significativi, come una maggiore indipendenza e un contesto scolastico più complesso. La diminuzione del controllo genitoriale e scolastico richiede interventi individuali, come programmi psico-socio-educativi mirati. La Terapia Cognitivo Comportamentale (CBT) è particolarmente efficace nel ridurre i sintomi e migliorare le abilità sociali, scolastiche e familiari.
Gli studi condotti sui trattamenti “Plan My Life” (PML) e “Solution-Focused Treatment” (SFT) hanno mostrato risultati promettenti. Il primo si concentra sulle abilità di pianificazione e organizzazione, mentre il secondo consente agli adolescenti di decidere autonomamente il contenuto delle sedute. Entrambi gli approcci, sebbene diversi tra loro, si sono dimostrati efficaci. Anche la mindfulness ha mostrato benefici, promuovendo l’accettazione della propria condizione e migliorando la regolazione emotiva.
Schema Therapy e approcci integrativi
La Schema Therapy, sviluppata da Young, è un approccio che integra il lavoro comportamentale con l’esplorazione delle esperienze biografiche negative del paziente. Gli schemi maladattivi precoci, formatisi durante l’infanzia a causa di esperienze negative croniche, possono influenzare la personalità e persistere nell’età adulta. Essendo un disturbo cronico che emerge durante l’infanzia, l’ADHD è strettamente legato a fattori biografici che contribuiscono allo sviluppo della psicopatologia.
Nella prospettiva della Schema Therapy, i tratti dell’ADHD possono essere visti come fattori caratteriali che interagiscono con circostanze biografiche, contribuendo alla formazione di schemi disfunzionali. Questo approccio offre un’opportunità per affrontare non solo i sintomi, ma anche le radici profonde del disagio.
L’EMDR come intervento terapeutico
L’Eye Movement Desensitization and Reprocessing (EMDR) è una terapia riconosciuta per il trattamento dei traumi che si è dimostrata efficace anche nella gestione dei disturbi del comportamento, in particolare quando questi ultimi derivano da traumi sviluppati durante l’infanzia.
Traumi e disturbi del comportamento
I disturbi del comportamento possono derivare anche da esperienze traumatiche, come violenza domestica, perdita di un (o più) caregiver, o dissidi familiari. Questi eventi compromettono il senso di sicurezza del bambino, influenzando la percezione degli altri e la capacità di gestire le emozioni. Senza un intervento adeguato, tali esperienze possono portare a comportamenti oppositivi o aggressivi. Tuttavia, non tutti i disturbi del comportamento sono causati da traumi: una valutazione accurata è essenziale per determinare il miglior approccio terapeutico.
In questo contesto, l’EMDR si rivela uno strumento potente, offrendo ad adolescenti e adulti con ADHD o con disturbi del comportamento derivanti da traumi la possibilità di rielaborare le esperienze negative vissute e di costruire schemi cognitivi sani. La terapia aiuta a gestire i sintomi e a lavorare sulle radici profonde del disagio, consentendo un cambiamento reale ed evidente.
Come funziona la Terapia EMDR
Questo approccio si basa sull’idea che esperienze traumatiche non elaborate possano “bloccare” le risorse cognitive ed emotive di una persona, causando reazioni disfunzionali. Attraverso la stimolazione bilaterale, il cervello viene aiutato a rielaborare queste esperienze, promuovendo una risposta più adattiva.
Sia in caso di ADHD che in caso di disturbi del comportamento derivanti da traumi, il terapeuta guida il paziente nell’individuare esperienze significative che potrebbero essere all’origine del comportamento problematico. Dopo una fase di preparazione, in cui il paziente apprende tecniche di rilassamento e sicurezza emotiva, si procede con la rielaborazione dei ricordi traumatici attraverso la stimolazione bilaterale. Questo processo ha dimostrato di migliorare l’autocontrollo, ridurre le reazioni impulsive e facilitare la regolazione delle emozioni.
In conclusione
Affrontare l’ADHD richiede approcci multidimensionali che possono includere interventi psicoeducativi, psicoterapici e farmacologici. Dall’infanzia all’età adulta, è necessario che i trattamenti si adattino alle diverse fasi di sviluppo del paziente.
Fonti:
- stateofmind.it
- psicologiapediatrica.it
- gam.medical.adhd (Instagram)
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